Le distorsioni cognitive
Due grandi psicologi, A Ellis e A. Beck hanno compreso che il modo in cui interpretiamo gli eventi e noi stessi, insomma i nostri pensieri, influenzano le nostre emozioni; né un esempio molto comune il fatto che – di fronte ad una stessa situazione esterna – persone diverse reagiscono in modi diversi. Ciò accade poiché partono da interpretazioni e considerazioni differenti.
In particolare, questi autori hanno evidenziato come frequentemente i nostri pensieri siano caratterizzati distorsioni ed errori logici.
Le distorsioni cognitive, ossia le modalità di ragionamento che non seguono una logica corretta e basata sulla realtà, sono molto frequenti nel nosto modo di ragionare, e spesso sono anche la causa di malessere e disagio psicologico, poiché ci portano ad agire in maniera disadattiva e disfunzionale.
Di seguito sono indicate le distorsioni cognitive identificate dagli autori:
L’inferenza (deduzione) arbitraria: trarre conclusioni arbitrarie in mancanza di evidenze sufficienti e certe. Ad esempio, una persona vede un vecchio amico attraversare la strada e pensa: “Non avrà voluto vedermi”, quando magari l’altro semplicemente non ha visto l’amico.
L’astrazione selettiva: concentrare l’attenzione su aspetti particolari della situazione in esame, tralasciandone altri. Ad esempio, uno studente ha notato che uno o due coetanei sembravano annoiati durante una sua esposizione in classe, e ha concluso “tutti erano annoiati”.
L’eccessiva generalizzazione: adattare conclusioni derivate da eventi isolati, generalizzandone il senso a svariate situazioni. Ad esempio un ragazzo si è trovato in una situazione di disaccordo con i suoi genitori e ha pensato: “Io non posso avere rapporti durevoli con nessuno”. E’ un processo logico alla base della creazione del pregiudizio.
L’esagerazione e la minimizzazione: esaltare o ridurre l’importanza di eventi e situazioni o delle proprie capacità. Ad esempio ad uno studente viene sottoposto un questionario ed egli ne sottolinea le difficoltà: “A queste domande non è possibile rispondere” oppure può contemporaneamente minimizzare le proprie abilità pensando ” non riuscirò mai a rispondere in tempo-correttamente”. Processo comune nei pazienti affetti da sintomi ansiosi o ansia generalizzata.
La personalizzazione: descrive la tendenza a correlare eventi esterni a se stessi, quando non vi sono ragioni per operare una tale connessione.
Il pensiero dicotomico: collocare le esperienze in una o due categorie opposte. Il pensiero dicotomico può essere riferito a come noi vorremmo essere (o sono perfettamente magra come penso di dover essere o faccio schifo), a qualcosa che noi facciamo (O prendo 30 all’esame oppure tanto vale rifiutare il voto) alle persone che ci sono care (Mio marito o mi ama completamente oppure non ha senso stare insieme) o infine possono anche essere riferite al mondo che ci circonda (O una cosa è giusta o non lo è). Il pensiero dicotomico divide il mondo in due, semplificandone la complessità e eliminando le sfumature. Questo porta a modalità di pensiero molto rigide.
Lettura del pensiero: essere convinti che le persone abbiano determinati pensieri o provino determinate emozioni, in assenza di prove concrete.
Doverizzazioni: consistono nel dire a se stessi che si dovrebbe fare (o si dovrebbe avere fatto) qualcosa, quando è più esatto dire che si preferirebbe fare o si avrebbe preferito avere fatto quel qualcosa. Colleghe strette del pensiero dicotomico, le doverizzazioni si manifestano con affermazioni e pensieri del tipo: “Devo essere il più bravo a scuola.” “Devo essere una mamma perfetta.” “Non mi è consentito sbagliare, devo fare tutto in modo perfetto”
Pensiero catastrofico: pensare di sapere che cosa preserva il futuro, ignorando altre possibilità. Capita di pensare che è inutile provare a fare quella cosa, che tanto tutto andrà male e non ci sarà modo di uscirne. A volte la situazione è davvero grave. Altre volte non lo è. In ogni caso pensieri di questo tipo non aiutano ad affrontarla in modo ottimale.
Ragionamento emozionale: credere che qualcosa debba essere vero perché viene percepito come tale. A volte le emozioni ci guidano, senza che ce ne rendiamo conto e ci comportiamo di conseguenza e ad esempio il fatto di provare ansia viene visto come prova del fatto che c’è effettivamente bisogno di preoccuparsi.
Articolo tratto da www.nienteansia.it